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Luoghi di passaggio citta` di confine

02/02/2021
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E’ in questo clima natalizio che lo studio Newark Engineering ha voluto con il CeSAT, CENTRO STUDI AMBIENTE E TERRITORIO, promuovere questo incontro: “Luoghi di passaggio città di confine, importanza delle vie di comunicazione nello sviluppo del territorio:dai tratturi alle nuove arterie di collegamento”


E’ in questo clima natalizio che lo studio Newark Engineering ha voluto con il CeSAT, CENTRO STUDI AMBIENTE E TERRITORIO, promuovere questo incontro: “Luoghi di passaggio città di confine, importanza delle vie di comunicazione nello sviluppo del territorio:dai tratturi alle nuove arterie di collegamento”

Ringrazio quanti hanno voluto accettare l’invito ad una pausa di riflessione. Dopo l’invito ricevuto alla partecipazione alla biennale di Architettura che ha avuto luogo a Pescara, trasferiamo qui il nostro lavoro, che in quella occasione è stata presentato. Una riflessione che viene da lontano, dalle nostre attività professionali, dall’impegno sociale e più in generale, da quella che fa di un uomo un essere sociale nella sua attività politica. Un lavoro che si è concretizzato nell’incontro prezioso con il prof. Di Rico ed il suo centro studi. Lo ringrazio per le preziose ore di confronto e crescita che spero reciproca.

Gli studi professionali non generano solo metri cubi di cemento, o almeno non dovrebbero farlo, devono piuttosto essere crogiolo di idee ed innovazione. Le ambizioni di crescita intellettuale sono refrattarie all’isolamento ed alla autoreferenzialità. Per questo motivo saluto il Prof. Salvatori, per l’esperienza aquilana. Nelle passate occasioni abbiamo avuto modo di incontrare artisti con le mostre tenute presso il nostro studio, con le esposizioni di Claudio Gaspari e di Giuseppe Colangelo e con la musica di Rocco Monteferrante che ha presentato il suo disco. In questa occasione è presente, con l’allestimento presente all’esterno, anche il pittore Paolo Dongu.

Oggi parliamo di percorsi, di cammini di contaminazioni.

Per questo motivo si è scelta questa sede. La PORTA DELLA TERRA, la definizione plastica di un confine , di un limite, il limes romano del perimetro dell’antica città aperta ad occidente verso il tramonto, verso il ”termine”. 1 km netto. I termini romani, cippi lapidei protetti dal Dio Termine, divinità indipendente che vegliava sui confini dei poderi. Entrare in una città rappresentava un passaggio visibile, netto, attraversavi una porta, iconquistavi la sicurezza di un luogo protetto conosciuto, familiare. Fuori la terra da coltivare e l’altrove di luoghi e di facce straniere. Queste erano le città delimitate dalla loro fondazione, da un solco, quello tracciato da un vomere e dalla definizione di assi di sostegno al disegno della città, una croce nelle direzioni nord sud e est ovest, attraverso le indicazioni sapienti di un agrimensore e dei suoi strumenti. Certamente anche qui, in questo luogo si sarà svolto un qualche rito di fondazione con l’augurale ad osservare il volo degli uccelli, con sacrifici propiziatori così come in tutte le vicende di fondazione di una città, riti che si rintracciano anche nelle nostre inconsapevoli abitudini di uomini, costruttori del terzo millennio.

“E Caino conobbe la sua moglie, la quale concepì e partorì Enoc. Poi si mise a edificare una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome del suo figliuolo.” Genesi 4,17

In quel momento nasceva la città e moriva il nomadismo. L’uomo tracciava un Confine che significa sicurezza e anche condizione per trasformare qualcuno in straniero. Moriva Abele, il pastore, nomade, per mano di Caino l’agricoltore. In questo clima natalizio incontriamo l’idea del percorso, di mille pastori e delle loro greggi. “E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh’esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l’aria. Il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria.” Così descriveva D’Annunzio (poeta che andrebbe riscoperto o scoperto) questo cammino. Cos’altro trasportavano questi uomini che fuggivano al destino stanziale che la storia ha dato all’umanità? Portavano con loro la cultura delle terre che attraversavano, la capacità di osservare, raccontare, unire luoghi lontani nella sintesi che era il percorso.

Non sono simili le costruzioni lapidee dei pastori abruzzesi alle coperture di più famose costruzioni pugliesi? Attraversare un confine è sempre un atto di maturazione. L’esperienza è un passaggio. Allora guardiamo ai tratturi che facevano parte ancora di un mondo orizzontale fatto di città, di coltivazioni, di greggi in movimento sulla pelle della terra. In seguito abbiamo scavato, cavato dalla profondità della terra il carbone, il petrolio, il gas. Su queste nuove risorse abbiamo costruito il nostro sviluppo. Dal sottosuolo “al piano”, in verticale. Ancora più su con la città verticale sempre più alta, quasi a esorcizzare le ferite al corpo terrestre con un controcanto costruito. E oggi? In un’epoca in cui si cerca di affrancarsi a fatica dalle fonti di energia fossile e si torna a guardare alle forze della natura, verso le quali i nostri pastori dovevano a volte ripararsi, a volte ringraziare gli dei che pregavano, riscopriamo il vento ed il sole. E quali sono i nostri confini quale è la nostra frontiera? Esiste una frontiera? Le idee viaggiano misteriosamente senza contatto fisico e le immagazziniamo in una nuvola The cloud , il nuovo sitema di mec. La leggerezza, anche nelle nostre costruzioni prende il posto della gravità a soddisfare le ambizioni degli architetti, preoccupare gli ingegneri arrabbiare i carpentieri ed a meravigliare forse chi osserva e chi vive le città. I nuovi percorsi ci attraversano, le città non hanno confini e la porta è stata sostituita da un “benvenuti a” che ti accoglie, senza soluzioni di continuità, attraverso confini solamente amministrativi.

Occorre porsi oggi una domanda anche nell’analisi dei nostri personali e collettivi percorsi: quali saranno i tratturi delle nostre greggi? Su quali strade faremo camminare il nostro sviluppo? E la riflessione che lascio è che, probabilmente, i percorsi futuri saranno conosciuti solo da chi avrà la capacità di abbattere i confini che tengono le persone chiuse in cerchie ristrette. Occorre anche in questo territorio cercare di aprire la mente ad un mondo sempre più piccolo che ci aspetta con le nostre idee le nostre capacità, quelle buone per l’esportazione. Se è vero che questa città è un porto, questo territorio è un porto, organizziamoci per definire quali merci possono partire da qui. E’ un invito questo, rivolto a tutti gli attori sociali, alle imprese, ai cittadini, gli amministratori, a generare una più feconda stagione di collaborazione.